La Chiesa

di santa Maria di Nazareth

 

facciata 2A circa vent’anni dal loro insediamento a Venezia nel 1633, il Senato della città accordava ai Carmelitani Scalzi l’edificazione di una chiesa con annesso convento per la pratica del culto. Il luogo designato si trovava nel sestiere di Cannaregio, sul Canal Grande, presso la chiesa e il monastero di Santa Lucia; a tale scopo nel 1649 vennero acquistate alcune case e gli orti fino alla laguna. Si trattava di una zona della città già fortemente caratterizzata dalla presenza di Ordini religiosi, e molto periferica: tale rimase fino al 1847, quando venne inaugurato il ponte traslagunare che l’avrebbe rapidamente resa la porta della città; per far posto alla stazione ferroviaria vennero progressivamente demoliti le chiese e i conventi di quegli Ordini, soprattutto femminili, che da lungo tempo si erano stanziati nel luogo, in particolare quelli, appunto, di Santa Lucia. In prossimità della nuova chiesa degli Scalzi, inoltre, nel 1858 venne realizzata la prima versione (in ghisa) del ponte sul Canal Grande che oggi prende appunto il nome di Ponte degli Scalzi.
La chiesa, che rappresenta uno dei più mirabili esempi del barocco a Venezia, venne consacrata nell’ottobre del 1705, nonostante risultasse ancora incompiuta nell’apparato decorativo, e titolata a Santa Maria di Nazareth, Patrona dei Carmelitani Scalzi. Nel corso del XVIII secolo venne ulteriormente arricchita dalle opere di una mirabile cooperazione di artisti, primo tra tutti il pittore Gianbattista Tiepolo, ma anche lo stesso architetto Longhena e Giuseppe Sardi, architetto della facciata, inoltre gli scultori Enrico Meyring, Bernardo Falconi, Giovanni Maria Morlaiter e Tommaso Ruer, i pittori Domenico e Giuseppe Valeriani e, in tempi molto più recenti, Ettore Tito. Complici di tale bellezza furono principalmente i ricchi e nobili veneziani, ma anche il popolo, che con le loro donazioni manifestavano affetto e rispetto per il lavoro dell’Ordine.
I lavori del complesso dei Carmelitani Scalzi, guidati dall’architetto Baldassarre Longhena, terminarono nel 1680 con il completamento della facciata, mai religiosi cominciarono ad abitare il convento già nel 1654, dividendo le loro giornate tra la pratica religiosa e la cura del loro brolo. La famiglia dei conti Cavazza ha ricoperto il ruolo di principale mecenate di tale capolavoro.

chiesa_facciataLa facciata
La chiesa affaccia su Canal Grande, in prossimità del Ponte degli Scalzi; la sua facciata, completamente in marmo di Carrara, è larga 25 m e alta 26 m, e venne realizzata dal 1672 al 1680 su disegno dell’architetto Giuseppe Sardi. Alla realizzazione del ricchissimo apparato scultoreo, caratterizzato da una meticolosa attenzione per i dettagli, collaborarono scultori all’epoca ancora poco noti, quali Clemente Molli, Francesco Penso, Orazio Marinali, Giovanni Bonazza e Tommaso Ruer.
Essa è strutturata in quattro parti che, nell’insieme monumentale, vorrebbero costituire il trionfo della Vergine Madre, la cui figura si colloca infatti nel centro. La prima fascia consta in un alto basamento rialzato su tre gradini, tramite il quale si accede al portone ligneo a due battenti che costituisce l’ingresso. La seconda fascia è formata da dodici colonne binate sormontate da capitelli corinzi a sorreggere una ricca trabeazione; tra di esse sono scavate quattro nicchie, in corrispondenza delle quali si ha un arretramento del basamento a movimentare il ritmo della facciata; tali nicchie ospitano le statue di S. Sebastiano e di S. Maria Maddalena a sinistra, quelle di S. Margherita e di S. Giovanni Battista a destra. Nella terza parte, un nuovo basamento sorregge il secondo ordine di quattro colonne binate anch’esse, tra le quali vengono nuovamente scavate delle nicchie. Al centro, nella nicchia più ampia, si colloca il gruppo della Madonna con il Bambino, in cima ad un alto piedistallo sormontato da una piramide a gradoni. Nelle due nicchie ai lati si collocavano, con ogni probabilità, le statue della Fede (a sinistra) e della Speranza (a destra). Alle estremità, come coronamento, si collocano le statue di S. Girolamo a sinistra e S. Bartolomeo a destra.
Il frontone completa il disegno della facciata, al centro del quale un timpano ad arco ribassato racchiude lo stemma gentilizio dei mecenati conti Cavazza; sul cornicione si distribuiscono invece nuove figure statuarie: al centro Cristo benedicente, a destra Caino adagiato sul fianco e Adamo stante, mentre a sinistra si trovano Abele sul fianco ed Eva tante, che reca nelle mani due mele.
L’impiego del prezioso marmo di Carrara, di ben venti colonne binate a tutto tondo e delle dorature che riginariamente abbellivanola facciata, indica un chiaro richiamo all’antichità che si trova di fatti in linea con i principi ed ideali della cultura nobiliare veneziana dell’epoca, in particolare dei conti Cavazza.

chiesa_piantaL’interno
La chiesa misura 45 m di lunghezza e 25 m di larghezza, con un’altezza massima di 24 m. Lungo la navata unica si dispongono quattordici finestroni ad arco a vetri piombati che permettono l’ingresso della luce, la quale accentua l’aspetto coloristico del complesso di affreschi, modanature dorate e marmi policromi. Sei cappelle laterali scandiscono la navata, le cui pareti sono rivestite in marmo africano antico e sono strutturate da lesene binate con capitelli compositi impreziositi da dettagli dorati e basamenti in pietra d’Istria; una trabeazione con modanature dorate chiude l’ordine.
Tra le lesene si dispongono due ordini di nicchie: le sette del primo (poiché cinque sono occluse, una dal pulpito e le restanti dalla cantoria) accolgono le statue degli Apostoli e degli Evangelisti; quelle del secondo, ridotte di dimensioni, ospitano dodici busti dei dottori della Chiesa.
Tale grandiosa navata si allunga nel presbiterio, rialzato, con l’altare maggiore ed il coro. Il pavimento è disegnato da formelle di marmi bianco e rosso, tappezzato da sessanta pietre tombali con iscrizione latina; molte sono rese illeggibili dall’usura, altre sono scomparse a seguito dei bombardamenti austriaci, uno dei quali, il 24 ottobre 1915, ha colpito la chiesa distruggendone il tetto. La bomba ha dunque cancellato ogni traccia della originaria volta a botte che ricopriva la navata, affrescata tra il 1743 e il 1745 da Gianbattista Tiepolo con il ricordo del trasporto della Santa Casa nazaretana dalla Dalmazia a Loreto per opera degli angeli. Grandi e piccoli frammenti salvatisi dalla bomba furono raccolti dalla Sovrintendenza di Belle Arti e conservati all’Accademia di Venezia. A sostituire il dipinto venne invitato l’accademico Ettore Tito, che negli anni 1929-33 ideò e dipinse su di una enorme tela (114 mq di superficie) un grandioso scenario riproducente il Concilio di Efeso del 431, di cui ricorreva il quindicesimo centenario.

chiesa_volta_navata1. Volta della navata
L’affresco di Tiepolo (1770) venne distrutto da una bomba austriaca nel 1915. L’attuale soffitto reca una grande tela di Ettore Tito del 1941 e rappresenta la proclamazione di Maria Madre di Dio al Concilio di Efeso.

chiesa_cappella_crocifisso2. Cappella del Crocifisso
Sotto la volta affrescata da Tiepolo, rappresentante Gesù agonizzante nel Getsemani, troneggia il Cristo crocifisso, opera di Giovanni Maria Morlaiter, inserito nella nicchia in marmo cipollino greco.

chiesa_cappella_sacrafamiglia3. Cappella della Sacra Famiglia
Progetto di fra Pozzo, in fastoso stile barocco, vanta il gruppo scultoreo di Meyring e la volta affrescata da Dorigny. Ospita la tomba di Ludovico Manin, ultimo doge di Venezia.

chiesa_cappella_ssebastiano4. Cappella di S. Sebastiano
Il disegno è dell’architetto Baldassarre Longhena, mentre le opere sono principalmente di Bernardo Falconi. Si trova sul lato sinistro della navata, è la più vicina al presbiterio.
La statua del santo, al centro, è realizzata in marmo di Carrara, collocata tra due colonne di marmo paragone, con capitelli e basamenti di bronzo. Bronzee sono inoltre le lastre del paliotto d’altare, le quali raffigurano il martirio, la glorificazione e la deposizione del Santo.
Le pareti e la volta sono rivestite da riquadri geometrici di marmi (paragone, rosso di Francia, verde di Genova) e lapislazzuli, che danno alla cappella un tono solenne funerario. Sotto il pavimento sono infatti custodite le spoglie di monsignor Sebastiano Venier, protonotario pontificio, e di suo padre Luigi: alle pareti sono murati lo stemma di famiglia e i loro busti marmorei, con relative iscrizioni. Le quattro porte ai lati sono dei gioielli per i delicati intarsi di madreperla ed altre perle dure che riproducono uccelli esotici e fiori, con la tecnica del mosaico fiorentino.

chiesa_presbiterio5. Presbiterio
L’altare maggiore, ideato da fra Giuseppe Pozzo, è caratterizzato da colonne tortili e pilastri a sorreggere un timpano piramidale con l’effige di Cristo Redentore. La cupola è affrescata dai Valeriani.

chiesa_cappella_sgbattista6. Cappella di San Giovanni Battista
Il disegno è dell’architetto Baldassarre Longhena e fu la prima ad essere completata.
Si trova sul lato destro della navata, è la più vicina al presbiterio. La statua del santo è collocata all’internodi una nicchia intagliata a scoglio di mare; è firmata alla base da Melchiorre Bartel. La balaustra, il pavimento, il paliotto d’altare e le quattro colonne a lato della nicchia sono realizzate in marmo paragone del Belgio e danno al complesso un tono solenne e armonioso. Sulla cimasa si adagiano le statue di due profeti, stesi su un fianco, e di un angioletto. Sulla volta Pietro Liberi dipinse l’Eterno Padre che regge il mondo. Alle pareti elementi decorativi e due iscrizioni ricordano il mecenate della cappella, il patrizio Giambattista Mora, sepolto sotto l’altare. Le quattro porte sono foderate di rame cesellato a fiorami e putti.

chiesa_cappella_steresa7. Cappella di Santa Teresa di Gesù
Il disegno è di fra Giuseppe Pozzo con la collaborazione dell’architetto Antonio Gaspari. Si trova sul lato destro della navata, in posizione centrale.
Rispetto all’altra cappella disegnata dal religioso (quella della Sacra Famiglia), questa appare in uno stile architettonico più sobrio, eppure risulta anche essere quella meno coordinata ed armoniosa nelle sue parti. Il gruppo marmoreo della Santa in estasi e dell’angelo con il dardo venne realizzato da Enrico Meyring, esattamente come i due angeli collocati tra le colonne monolitiche in marmo rosso di Francia.
Sopra l’epistilio si eleva una cimasa, al cui centro, in un tondo marmoreo, è raffigurata la Trinità affiancata da angeli; sopra di essa notiamo altri elementi decorativi, tra cui lo stemma dei Carmelitani Scalzi. La mensa dell’altare è sorretta da quattro putti, mentre il paliotto è decorato ai lati da mazzi di fiori in mosaico fiorentino, al centro da un intarsio marmoreo affigurante la Santa come dottore della Chiesa Cattolica; sul cartiglio appare il suo celebre motto Aut pati aut mori, il quale,nell’esperienza di Teresa, significa: “Signore, o ti fai vedere (morire) o mi dai con che servirti (patire)”.
La volta della cappella venne dipinta a fresco nel 1724 da un giovane Gianbattista Tiepolo e rappresenta la glorificazione di Santa Teresa che si libra verso il cielo, dove un angelo sta per porgerle una corona d’alloro; ella viene rappresentata in abito monacale carmelitano, ovvero con la tonaca marrone, la cappa bianca ed il velo nero.
Sulla sinistra, su di una finta cimasa, si adagiano due grandi figure femminili a grisaille che rappresentano la speranza e la fede.
Sul pavimento compaiono tre lapidi tombali: al centro quella del 113esimo doge di Venezia Carlo Ruzzini (1732-35), ai lati uelle di nobili matrone della Congregazione di Santa Teresa.
Sulle pareti laterali della cappella si collocano due grandi tele di Nicolò Bambini che richiamano i i viaggi di Santa Teresa, fondatrice di molti monasteri nella Spagna del Cinquecento (a destra), mentre sulla sinistra, racchiuso da una superba architettura, assistiamo al prodigio dell’Ostia che vola nelle mani del celebrante alla bocca della Santa.

chiesa_cappella_sgcroce8. Cappella di S. Giovanni della Croce
Il disegno è del pittore Ludovico David. Si trova sul lato destro della navata, è la più vicina all’ingresso.
Tra quattro monolitiche colonne di prezioso marmo ardese antico (proveniente dalla Svizzera), con capitelli di ordine composito in marmo di Carrara, si colloca un’ampia nicchia dal fondo di marmo diaspro: qui è inserita la statua del Santo, opera di Bernardo Falconi. Il padre del Carmelo riformato è rappresentato in ginocchio su di una nuvola, in contemplazione della Croce che gli viene presentata dall’alto da un angelo, mentre alla destra un altro gli porge una corona di spine. Sotto la nuvola, due angeli grassocci realizzati di Bernardo Tabacco sono in venerazione del tabernacolo ovale adibito a custodia delle reliquie del Santo. Gli angeli situati ai lati della mensa sono invece di Tomaso Ruer: la Speranza con l’ancora è a destra, a sinistra la Carità con i putti al seno; al centro si trova la Fede con il calice. La volta è coperta di marmi e decorata da sette riquadri con stelle dorate a otto punte.
Le pareti, pure tappezzate di marmi, recano due iscrizioni latine che ricordano i mecenati, i tre conti Giovanelli, la cui tomba è sotto i tre gradini dell’altare. I due ovali, di marmo diaspro, ora corrosi dalla salsedine, erano stati trafugati dalle ruppe napoleoniche: furono successivamente restituiti dalla Francia grazie alla mediazione di Antonio Canova. Le balaustre sono pure di marmo diaspro, mentre le quattro porte lignee a riquadri hanno intarsi floreali: la prima a destra introduce al vano ove si trova la tomba-sarcofago del pittore Ettore Tito.                                     (Francesca Bianchi)

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